Choose me.

« Older   Newer »
  Share  
rafuTh
view post Posted on 4/10/2011, 18:01




Titolo: Choose me.
Autore: RafuTh
Genere: Romantico
Raiting: G/PG
Avvisi: Fluff, Twincest Not Related,
Pairing: BillxTom
Riassunto:- Ti amo, Trumper. – provò a dire staccandosi appena dalle labbra dell’altro.
Note: E' una delle prime OS che scrivo, di twc ne ho scritte davvero poche e ho provato a scrivere una long fic senza risultato, essendomi bloccata ad un certo punto, anche se il desiderio di portarne una al termine c'è, però prima voglio capire dove devo migliorare.. quindi se avete commenti da fare (negativi o positivi che siano) ne sarei davvero felice! Beh.. buona lettura!

DISCLAIMER: Tutti i personaggi realmente esistenti non sono di mia proprietà. I personaggi e le storie originali sono di proprietà dell'autore. L'autore non ha assolutamente alcun'associazione con i proprietari, autori, prouttori o creatori di qualsiasi materiale a cui questa storia è ispirata. Non è intesa alcuna violazione di copyright. Questa storia viene qui pubblicata senza fini di lucro.

Choose me.

fanfiction




Fissò la sua immagine riflessa nello specchio per interminabili minuti, si accarezzò gli addominali scolpiti fiero di quello che con la palestra riusciva ad ottenere ogni volta. Posò la mano al centro esatto dello stomaco dove un segno violaceo faceva la sua comparsa su quel corpo quasi perfetto. Sospirò esausto della situazione in cui si era cacciato, stanco dei compagni di classe che si ritrovava e che anche quella mattina doveva vedere. La sera prima a quella maledetta festa lui non ci doveva andare, doveva restarsene a casa come aveva sempre fatto, ma aveva sperato di toccare ancora una volta quelle labbra che sognava ogni sera, sperava di sentire quel calore su di lui, quel respiro leggero di quel ragazzo. Si, perché lui era gay e si era fottutamente innamorato del più grande stronzo di tutta Berlino, suo compagno di classe, suo ex ragazzo e leader di un gruppo di cafoni maneschi che stavano al suo controllo. Prese i panni sistemati accuratamente dalla madre la sera precedente e li indossò senza fretta, aveva un bel po’ di tempo a disposizione e amava camminare tranquillamente fino all’arrivo a scuola, quel manicomio dove tutto ormai era consentito. Scese velocemente le scale, schioccò un bacio sulla guancia della madre e con la borsa a tracolla uscì fuori assaporando quell’aria fresca di prima mattina. Il vento gli scompisciava leggero i capelli neri, indossò gli occhiali da sole, ed estrasse una sigaretta dal pacchetto accendendola e perdendosi in quel sapore di nicotina. Cacciò fuori il fumo seguendo la scia biancastra e fissò gli occhi nel cielo, notandolo limpido più degli altri giorni. Una voce che risuonò improvvisamente alle sue spalle gli gelò però all’istante il cuore.

- Trumper – sospirò sorridendogli.

- Andreas – sussurrò lui cercando di accelerare il passo per allontanarsi.

- Dove vai piccola checca?! – rispose ridendo e afferrandolo per un braccio.

- Non toccarmi. – concluse gelido strattonandoselo di dosso.

- La lezione di ieri non ti è bastata, stupido succhiacazzi? – gli sbraitò contro spingendolo.

Il moro sbatte violentemente con la schiena contro il muro e sentì un pugno arrivargli diritto in viso, facendogli perdere l’equilibrio. Si aggrappò al primo oggetto che trovò nelle vicinanze e respirò con affanno. I pugni di quel biondo ossigenato erano sempre dannatamente perfetti e potenti. Lo guardò negli occhi e lo vide avvicinarsi sculettando in quei jeans stretti che portava.

- Non devi neanche più guardarlo, chiaro Trumper? Kaulitz non fa più per te. – gli sibilò lasciandolo lì.

Tossì e riprendendosi la tracolla caduta poco prima si avviò verso scuola.

12 ore prima.
La musica rimbombava in quelle quattro mura, Tom appoggiato al muro sbuffò annoiato. Odiava queste feste e odiava il suo migliore amico quando testardo com’era riusciva sempre a trascinarlo. Passeggiò per l’intera casa sperando di trovare qualche posto più appartato per stare un po’ tranquillo. Passò accanto alle stanze da letto della ragazza che festeggiava, purtroppo erano tutte occupate, sbuffò ancora, continuò a camminare finchè finalmente trovò un piccolo balconcino. Uscì e assaporò l’aria fresca della notte. Si accese una sigaretta assaporandola chiudendo gli occhi. Amava fumare, gli piaceva quel sapore di nicotina che si diffondeva nel suo corpo, gli piaceva vedere il fumo fuoriuscirgli dalle labbra per poi fantasticare sulle stupide forme che prendeva. Sobbalzò quando sentì un ragazzo tossicchiare. Alzò lo sguardo lentamente, due gambe slanciate erano avvolte in un pantalone nero aderente, una camicia bianca con un fiocco sul davanti copriva il fisico del biondo che si presentò davanti. Si diede dello stupido per non averlo riconosciuto fin da subito. Bill Kaulitz. Il leader della sua classe. Era davvero attraente quel ragazzo, era elegante e perfetto in tutto ciò che faceva, ma fin troppo stronzo e ormai lontano dalla sua portata. Si voltò abbassando lo sguardo e sentendo quello dell’altro bruciargli sulla schiena. Si sentiva terribilmente a disagio considerando il fatto che lui era uno di quelli che prendeva in giro ogni giorno essendo amico degli out della classe. Scosse la testa, e un vuoto gli riempì lo stomaco mentre i ricordi di loro due gli passavano davanti. Perché poi non lo sapeva. Bill non era realmente così, Bill sotto quella corazza aveva un cuore limpido, e quegli sguardi innocenti che si lasciava sfuggire qualche volta avevano catturato il cuore di Tom. Si portò la sigaretta alle labbra, ignorandolo completamente.

- Ehm, scusa – sentì sussurrare e le parole gli arrivavano diritte al cuore, si voltò con lentezza, era assurdo che Bill Kaulitz parlasse di nuovo a lui con quel tono innocente davanti a tutti. Incrociò i suoi occhi contornati di nero e inarcò un sopracciglio – Hai da accendere? Ho perso l’accendino! – disse avvicinandosi all’altro.

- Certo – rispose Tom avvicinandosi a lui accendendogli la sigaretta e sfiorandogli le mani per sbaglio.

- Gr-grazie – sussurrò Bill arrossendo a quel tocco e abbassando lo sguardo.

Tom lo guardò confuso, no, non poteva essere vero. Bill Kaulitz che gli parlava, Bill Kaulitz che non lo insultava, Bill Kaulitz che gli diceva grazie, Bill Kaulitz che non scoppiava e non urlava come un pazzo per aver avuto un contatto con uno dei ragazzi più out dell’istituto, Bill Kaulitz che… arrossiva.

- Figurati – rispose sorridendo Tom. Aveva ragione, quel ragazzo aveva ancora un cuore, si ritrovò a pensare stupidamente.

Tra i due calò il silenzio, e Tom studiò ogni più piccolo movimento di Bill tanto da non poterlo più dimenticare. Il modo in cui si portava la sigaretta alle labbra, il modo in cui aspirava, come con eleganza cacciava il fumo, quelle labbra carnose al punto giusto pronte ad accogliere la sigaretta. Tossì imbarazzato quando Bill si voltò a guardarlo.

- Non ti piace la festa? – chiese all’improvviso il biondo sorridendogli.

- Per niente, dovresti saperlo. – rispose Tom ancora rosso in viso. Respirò piano e si diede dello stupido per essersi emozionato per così poco. – E tu? Che ci fai a parlare qui con me? Ricordi ancora chi sono? – chiese ironico.

- Sei tu che non sai più esattamente chi sono io, Trumper. – rispose sorridendogli.

- Sei il più grande stronzo di tutta Berlino e questo mi basta – sussurrò quasi a se stesso e pentendosi delle parole che gli erano uscite così all’improvviso. Era per caso impazzito?!

Bill alzò un sopracciglio guardandolo sorpreso.

- Trumper vacci piano con le parole. – gli disse portandosi la sigaretta alle labbra e aspirando sensualmente.

- Il tuo gruppo di amici non c’è? Nessuno mi picchia perché ti rivolgo la parola?! – continuò sorridendogli.

Bill lo spinse dandogli un leggero pugno sulla spalla e ridendo con lui.

- Attento Trumper, potresti pentirtene. – ribatte lasciandosi sfuggire una risata e un sorriso da togliere il fiato.

Guardò il cielo stellato, poi posò ancora lo sguardo su Bill, la luce della luna gli accarezzava il volto, sorrise guardando quel profilo perfetto. Buttò la sigaretta ormai finita e un velo malinconico gli coprì il volto. Strinse i pugni non rendendosi davvero conto di quello che stava accadendo. Tremava ancora accanto a lui, nonostante fosse diventato tutto ciò che odiava.

- Hey Trumper – disse il biondo guardando avanti a sé – mi sto annoiando troppo a questa festa, mi porti via? – gli chiese guardandolo dolcemente.

- Ho la macchina giù, Kaulitz. – rispose sorpreso – se ti va, possiamo andare, sicuro però che non rischi la tua vita sociale venendo con me? – gli disse avvicinandosi a lui.

- Trumper, non credere che mi faccia vedere con te. Scendi prima tu, fra qualche minuto arrivo io. – tagliò corto sorridendogli.

Tom scosse la testa e scese al piano di sotto, con il cuore che gli batteva all’impazzata contro la cassa toracica. Stupido Kaulitz. Si avvicinò alla macchina e vi ci trovò poggiato Andreas che lo guardava con il suo solito sorriso bastardo.

- Cosa vuoi? – chiese Tom avvicinandosi a lui.

Andreas non gli diede il tempo di dire altro che lo colpì al centro esatto dello stomaco facendolo piegare in due dal dolore. Gli alzò il viso con una mano e lo guardò schifato negli occhi.

- Stavi con Bill, vero?! – chiese non aspettandosi una risposta. – Senti Trumper, un finocchio come te non può stare accanto a Bill, chiaro!? Vedi di non avvicinarti più a lui o finisce davvero male. E non me ne frega un cazzo che Bill prima di diventare il leader dell’intera scuola era il tuo migliore amico, e il tuo ragazzo, ora sei out, Trumper. – concluse colpendolo nuovamente e con più forza nello stesso posto di prima.

Tom si appoggiò alla macchina e riprese fiato mentre sentiva il punto colpito pulsargli per il dolore. Si voltò, vide Bill uscire in quel momento dalla porta e guardarlo smarrito. Salì in macchina come gli aveva chiesto di fare Bill e lo aspettò dietro l’angolo. I minuti passavano interminabili e restò un’ora ad aspettarlo, stava per partire quando lo vide avvicinarsi, barcollando sui tacchi che portava. Aprì la portiera della macchina ed entrò abbassando il viso.

- Perché sei così, Tom? – gli domandò tristemente – Come hai fatto a perdonarmi tutto? Come sei riuscito a starmi accanto nonostante tutto? Andreas ti ha picchiato, perché non hai reagito? Perché mi hai aspettato? Io… io non l’avrei fatto Tom, e invece tu sì, sei rimasto qui, più di un’ora. Sei.. sei così sorprendente, Tom. Non sei cambiato per niente e tutto ciò non me l’aspettavo. – sussurrò guardandolo dolcemente.

- Bill, fortunatamente non sono come te. – rispose semplicemente mettendo in moto. – Ti porto a casa, se non ti va puoi benissimo scendere. – concluse guardando davanti a sé.

- No, Tom! Voglio stare con te. – sussurrò stringendogli le mani.

- Perché Bill?! Perché sei diventato così?! Perché mi fai stare tanto male?! Perc… - urlò Tom.

- Non le so le risposte a tutti questi perché, Tomi, però so che ti amo. – urlò di
rimando non dandogli il tempo di finire di parlare.

- C-cosa?! – chiese sorpreso Tom arrossendo visibilmente.

- Tomi, sei sempre stato il mio migliore amico, e il mio primo vero ragazzo, a te ho dato il mio primo bacio, con te ho fatto la prima e unica volta l’amore, come potrei non amarti?! Riusciresti a non amare l’unico che ti conosce davvero? L’unico che ti fa battere il cuore? L’unico con cui tutti i tuoi principi cedono all’istante? Io no, Tomi. E di te mi sono innamorato – sussurrò torturandosi le unghie.

Tom lo abbracciò stretto a sé, assaporando il suo profumo.

- Bill, mi dispiace, però non chiedermi ancora una volta di avere con te una storia segreta. – gli disse sincero.

- Mi avevi promesso che mi avresti aspettato per sempre, Tomi. – piagnucolò Bill tra le sue braccia.

- Ti aspetterò per sempre, te l’ho promesso, l’ho inciso sul cuore, piccolo, ma quello che sei adesso non mi piace per niente, è.. .tutto ciò che odio. – concluse sentendo Bill tremargli tra le braccia.

Il biondo alzò il viso verso il suo, incrociò i loro sguardi, e avvicinò le loro labbra. Sentiva il respiro dell’altro e chiuse gli occhi spezzando quella stupida distanza che li divideva. Le loro labbra che ancora si cercavano, le loro lingue che ancora si accarezzavano, le loro mani che si intrecciavano perfettamente e quei cuori che battevano all’unisono nel petto.

- Kaulitz, ti amo anche io – sussurrò ansimando Tom e riprendendo fiato.

- Aspettami Trumper, aspettami perché sei quello che voglio. – gli disse prima di baciarlo ancora.

- Perché non stiamo di nuovo assieme, Bill? Perché mandare tutto a puttane per questa stupida scuola? – gli chiese esausto Tom.

- Tomi, io.. non lo so, non posso e non ho il coraggio di lasciare tutto, continueranno a farmi male, a prendermi in giro perché sono la checca dell’istituto. Tomi, ho paura. –

Tom abbassò semplicemente lo sguardo. La mente dell’altro proprio non riusciva a capirla. Perché rinunciare a stare con lui solo per il prestigio che aveva a scuola? Perché non mandare tutto a puttane e tornare ad essere felice? Sbuffò mettendo in moto e accompagnando a casa l’altro. Gli strinse dolcemente la mano, intrecciando le dita.

- Bill, ti lascio qui, non voglio che ci vedano insieme – sospirò rassegnandosi al fatto che ormai per stare accanto al ragazzo che amava doveva subire e accettare tutto questo. Bill si sporse e gli baciò dolcemente le labbra. – Ci vediamo domani – sussurrò dolcemente.

Vide il ragazzo scendere dalla macchina e aspettò lì finché non lo vide rientrare.


I ricordi della sera prima gli passarono davanti quando ancora accasciato a terra vedeva la figura di Andreas allontanarsi da lui. Abbassò lo sguardo tristemente e sussultò quando sentì sussurrare il suo nome. Bill era nascosto dietro l’angolo della strada e lo guardava con uno sguardo da cucciolo abbandonato.

- Sto bene, Bill – tagliò corto Tom dandogli le spalle.

Questa storia doveva smettere, e Bill doveva decidere.

- Ti prego, Tomi, aspettami. – sussurrò unendo le mani e portandosele al petto.

- No, Bill. Sono stanco, ok? – rispose gelido non degnandolo di uno sguardo.

Bill lo guardò spaesato, sentiva le gambe tremargli e il cuore scalpitare troppo forte nel petto. Aveva dato per scontato che Tom l’avrebbe aspettato per sempre. Che stupido che era. Lo stava allontanando e ora come ora lo sentiva distante anni luce.

- Tomi, non lasciarmi. – piagnucolò stringendo il braccio del moro che lo strattonò con dolcezza.

- Bene, Bill. Facciamo una cosa, dici di volermi e di amarmi. Adesso questa storia dipende esclusivamente da te. – cominciò guardandolo negli occhi in modo serio, abbassò di poco il viso distogliendo quello sguardo e combattendo contro il suo assurdo desiderio di prenderlo e baciarlo – Ti aspetterò al solito posto. Avrai tempo fino a stasera, se non verrai tra noi finirà definitivamente e ti dovrai dimenticare per sempre di me, altrimenti se… verrai – sussurrò con la voce incrinata dal pianto rendendosi conto del rischio di perderlo per sempre – se verrai Bill la nostra storia continuerà più forte di prima, ma non dovrà essere una storia segreta per questa stupida cosa nata a scuola. – concluse stringendolo a sé e accarezzandogli la nuca.

- Tomi, ti prego. – piagnucolò ancora Bill scosso dai singhiozzi – Ti amo, Tomi, non chiedermi tutto questo – si strinse sempre più all’altro spingendo il viso nell’incavo del suo collo.

Tom se lo scollò di dosso lasciandolo lì. Ci aveva pensato da tempo a mettere Bill davanti ad una scelta e capire se lo amasse davvero o lo diceva tanto per. Si incamminò a scuola sperando che quella giornata passasse il prima possibile. Aveva paura, aveva una fottuta paura di non veder Bill arrivare quella sera, di restare lì da solo e perderlo per sempre. Temeva di non potergli stare più accanto neanche quelle poche volte che glielo concedeva, ma stava troppo male, sentiva il cuore rompersi in mille pezzi ogni volta, e ricomporsi miracolosamente con un suo sorriso. Ormai aveva capito che questa routine doveva finire definitivamente, essere felici per sempre o.. soffrire una volta per tutte e toglierselo dalla testa, e poi forse dal cuore. Ma come poteva solo aver pensato al fatto che Bill potesse mandare tutto all’aria per lui? Era uno stupido e credeva troppo nell’amore. L’amore non lo rendeva per niente felice, l’amore lo stava uccidendo pian piano e Bill con quegli occhi dolci e profondi e con quel sorriso adorabile riusciva a destabilizzarlo ogni volta buttandolo in un baratro sempre più profondo. L’amava, ma sentiva che stava cadendo pian piano.

La giornata passò velocemente, forse fin troppo.
Tom sentiva il cuore quasi fuoriuscirgli dal petto e tremava continuamente, sbuffo portandosi le mani al volto. Si fumò l’ennesima sigaretta e poi decise di andare al parco, dove erano soliti incontrarsi i due. In quel parco nessuno poteva vederli, e Bill tornava ad essere il dolce bambino di sempre. Comprò un mazzo di rose rosse, le preferite di Bill, e si perse nel suo profumo pensando a quanto fosse inferiore e poco inebriante rispetto al profumo del biondo che amava. Gli si strinse il cuore pensando che forse quella sera non sarebbe venuto. Sapeva che Bill lo amava tantissimo, ne era convinto di questo. L’aveva notato quando lo baciava, quando gli stringeva la mano, quando si accoccolava sul suo petto, quando gli baciava dolcemente il collo incastrando la testa lì perfettamente, quando facevano l’amore, quando l’accarezzava con tutta la dolcezza che aveva, quando lo guardava negli occhi e li notava sempre limpidi senza veli di bugia. Si sedette sulla panchina e guardò le stelle e il cielo che si faceva sempre più scuro. I minuti sembravano passare interminabili e il cuore di Tom batteva all’impazzata ogni volta che sentiva un rumore. Erano le 20:30, l’avrebbe aspettato fino alle 24 come aveva detto, non un minuto di più, non un minuto di meno, anche perché ne era sicuro, non si sarebbe mai alzato finchè non fosse scattata la mezzanotte. Ripensò a tutte le giornate passate assieme, a quel primo bacio, a quella prima volta, alle mani inesperte che si muovevano su quel corpo troppo perfetto, quei tatuaggi che amava e che conosceva fin troppo bene, quel piercing alla lingua che gli provocava brividi assurdi, quel capelli prima color corvino che dopo aver fatto l’amore gli ricadevano intorno al viso rendendolo bellissimo. Controllò il suo telefonino, stava da troppo tempo lì e forse Bill non sarebbe mai arrivato. Erano le 23:30, né uno squillo, né una chiamata, niente di niente, solo un vuoto che si era impadronito dello stomaco di Tom. Contò i minuti passare inesorabili e quando scoccò la mezzanotte si guardò intorno sperando di vederlo, ma niente: di Bill Kaulitz neanche l’ombra. Si sedette ancora un po’ sulla panchina, e le lacrime iniziarono a scorrere imperterrite sul suo viso, sentiva il cuore distrutto e non aveva voglia di andare da nessuna parte, non voleva vedere nessuno. Bill gli aveva detto no, aveva mandato all’aria tutto quello che avevano costruito, non l’amava come credeva, preferiva apparire “bello”, voleva popolarità e ricchezza e l’aveva ottenute, rinunciando definitivamente a lui. Si accasciò sulla panchina guardando la luna e trovandola magnifica. Se solo poteva fargli capire quanto lo amava gli avrebbe regalato pure la luna, il sole, le stelle e la sua stessa vita. Amava quel ragazzo molto più di quanto potesse amare se stesso e questo lo stava distruggendo. Chiuse gli occhi, non avendo né la forza né la voglia di tornare a casa e di rivedere tutti, voleva stare da solo sperando di cacciare tutto il dolore che provava attraverso le lacrime, inviò un solo messaggio alla madre:
“Hey mami, resto a dormire fuori. Ti voglio bene.”
Spense il telefonino guardando per l’ultima volta l’ora e lo sfondo di lui e Bill realmente felice fu cancellato all’istante.

L’alba mattutina gli accarezzò leggero il viso e Tom sbatte più volte le palpebre prima di rendersi conto di essersi addormentato su una panchina… da solo. Stava quasi per rimettersi a piangere quando una mano si posò leggera sulla sua spalla facendolo sussultare. Si voltò di scatto incontrando quegli occhi color nocciola tanto uguale ai suoi, quel sorriso che amava e quel ragazzo che aveva aspettato tutto la sera.

- Buon giorno amore mio – sussurrò sedendosi accanto a lui.

Tom gli sorrise dolcemente accarezzandogli la mano. Bill gli porse un sacchetto bianco, dandogli la colazione che aveva preso per lui. Lo guardò sorridere teneramente e gli si strinse il cuore notando le occhiaie e le lacrime che aveva visto la sera prima su quel viso.

- Che ci fai qui? – sussurrò Tom, mangiando il cornetto e sorseggiando il cappuccino.

Stava tremendamente male ma non voleva che se ne accorgesse, voleva capire perché era lì.
Bill abbassò lo sguardo e poi sorrise guardando l’altro.

- Beh, Tomi, ieri sera sono venuto qui. – cominciò torturandosi le mani. – ma sono arrivato tardi, ti ho visto dormire qui sulla panchina e non ti ho voluto svegliare. Eri così bello mentre dormivi che non volevo distruggere quell’ incanto. La luce della luna sul tuo viso mi ha fatto venire i brividi e mi sono sentito morire al solo pensiero di non averti più con me – Tom alzò lo sguardo su di lui, lasciando da parte la colazione – beh Tomi, sono rimasto accanto a te tutta la notte – continuò indicando le due coperte che erano finite entrambe a terra – e stamattina siccome mi sono svegliato presto ti ho portato la colazione. – continuò sorridendo - Tomi, sono qui perché ti amo e perché non voglio niente e nessuno escluso te – sussurrò buttandosi contro il corpo dell’altro e sentendo il cuore di Tom battere all’impazzata proprio come il suo.

- Sei qui per me, Bì? – sussurrò non credendo davvero al fatto che lo stesse stringendo tra le sue braccia.

- Si, Tomi. Sono qui. – sussurrò tra le lacrime che scorrevano sul viso stranamente struccato ma pur sempre bellissimo.

Tom lo abbracciò stretto a sé, togliendogli quasi il respiro e perdendosi in quel profumo meraviglioso. Alzò il viso dell’altro e gli sorrise dolcemente, asciugandogli le lacrime e dimenticando di quanto stava male la sera precedente. Incrociò il suo sguardo perdendosi in quell’immensità, avvicinò le labbra a quelle dell’altro tremando appena, sembrava essere tornati alla prima volta, al primo bacio, all’inizio di quella meravigliosa favola. Dischiuse appena le labbra e accarezzò con la sua lingua dolcemente quella di Bill, le farfalle svolazzavano da una parte all’altra dello stomaco e le mani si intrecciavano in modo perfetto, mentre i corpi si stringevano sempre di più. Bill si staccò appena, respirando sempre sulle labbra dell’altro.

- Me lo giuri Tomi? – sussurrò con una dolcezza disarmante.

Tom inarcò un sopracciglio – Cosa? –

- Che mi amerai per sempre – sussurrò stringendogli le mani.

- Non potrei fare altrimenti – rispose catturando quelle labbra, mentre l’altro giocava con il piercing sul suo labbro.

- Ti amo, Trumper. – provò a dire staccandosi appena dalle labbra dell’altro.

- Non hai idea di quanto, Kaulitz. – rispose abbracciandolo forte.

Si appartenevano, e di questo ne erano certi.
 
Top
eli92
view post Posted on 5/10/2011, 08:13




Questa shot è davvero bella complimenti! Alla fine Bill ha capito ciò che per lui conta davvero: Tom :)
 
Top
rafuTh
view post Posted on 6/10/2011, 22:12




Grazie mille! (:
 
Top
*Nowaki*
view post Posted on 9/10/2011, 23:18




Bellissima, fa tremare questa storia **
 
Top
rafuTh
view post Posted on 12/10/2011, 19:06




Grazie :3
 
Top
.stay.
view post Posted on 17/10/2011, 18:44




grande rafu, è bellissima davvero (:
 
Top
rafuTh
view post Posted on 12/12/2011, 23:19




Grazie stay ♥
 
Top
view post Posted on 14/2/2012, 16:38
Avatar

Obsessed Twincester
†††††††

Group:
Membro
Posts:
9,212
Location:
Shinigami's World

Status:


ooow rafu *O* mamma che bellaaa
 
Top
rafuTh
view post Posted on 17/2/2012, 10:54




Grazie Vale *-* (:
 
Top
8 replies since 4/10/2011, 18:01   309 views
  Share