Titolo: Boundless
Autrice: FottutamenteStefy
Rating: PG
Avvisi: Adult content
Genere: Romantico, Angst.
Prompt: SongFic. (partecipante alla III Challenge di forumfree)
Riassunto: Sceglievo sempre di sedermi al posto che dava le spalle all’autista, quello accanto al finestrino… per permettere a mio fratello di sedersi proprio di fronte a me.Note iniziali: Le canzoni di Pierdavide Carone: di notte, guarda caso, e ti vorrei, ascoltate durante un viaggio in pullman, mi hanno spinta a scrivere questa piccola shot che spero possiate apprezzare. Non ne sono proprio soddisfatta, però dai -.-‘
Disclaimers: Non possiedo né i Kaulitz né i Tokio Hotel, tutto ciò che ho scritto non è reale e non è a scopo di lucro.
Boundless
Banner by Carly *_* grazie <3
Sceglievo sempre di sedermi al posto che dava le spalle all’autista, quello accanto al finestrino. Ero solito appoggiarci la fronte e sospirarci pesantemente contro, cercando di mandare via lo stress delle interminabili interviste che si susseguivano ogni giorno. Tutte lunghissime. Tutte uguali.
L’auto partì e osservai come tutto il mondo aldilà di quel finestrino scivolasse via e si allontanasse inesorabilmente da me. Persone, auto, negozi, bambini, alberi… tutto scorreva lentamente, come in una pigra pellicola di ricordi. Frammenti di vita che non avrei mai più vissuto, né rivisto.
Mi piaceva pensare che quello fosse come un particolare
addio. Il minimo che potessi fare fu fissare il paesaggio allontanarsi dai miei occhi e divenire sempre più distante, per poi lasciare lungo tutto il tragitto briciole del mio cuore che forse un giorno mi sarebbero servite per ritrovare la strada di casa.
Con reverenza diedi l’ultimo saluto a quella città, e presto ci ritrovammo sull’autostrada diretti chissà dove.
Sceglievo sempre di sedermi al posto che dava le spalle all’autista, quello accanto al finestrino… per permettere a mio fratello di sedersi proprio di fronte a me.
Ascoltava tranquillamente il suo mp3 con le palpebre chiuse e le labbra leggermente aperte in un canto muto. Un canto che io sapevo essere soave. Guardai affascinato una ciocca ribelle che gli scendeva sulla fronte e lui sbuffare irritato, tentando di spingerla via. Avrei voluto allungare un braccio e spostargliela delicatamente dietro un orecchio, ma sapevo di non poterlo fare, di non potermelo più permettere.
Qualsiasi contatto fisico tra noi era ormai abolito, negato, annullato. Avevamo oltrepassato il limite quella notte, avevamo superato quella linea di confine senza neanche accorgercene… e adesso ne avevamo tracciate altre tre, pur di non commettere più quell’errore.
Un errore che io, purtroppo, consideravo bellissimo.Era successo tutto così velocemente che quasi non potevo credere che fosse accaduto davvero. Forse avevo sognato tutto. Di nuovo. Eppure se passavo la lingua sul mio labbro inferiore, potevo ancora sentire il sapore dei suoi baci confusi e passionali. Se chiudevo gli occhi potevo avvertire il calore e il profumo della sua pelle che sfregava morbidamente sulla mia. Se mi concentravo potevo ascoltare i suoi gemiti e vedere le sue lacrime amare: la consapevolezza di star commettendo un madornale errore ma di non riuscire a fermarsi.
Ingoiai con forza un vomito di parole incastrate nella gola, e distolsi lo sguardo dalla sua graziose e bella figura, che fingeva serenità e calma. Ma non c’era nulla di sereno dentro di lui, e io lo sapevo bene. Riuscivo quasi a vedere la tempesta che da ieri si era scatenata all’interno del suo cuore, e l’acquazzone di paure e bugie che gli tormentavano l’anima.
La scorsa notte, dopo aver consumato quel tanto agognato desiderio, il silenzio aveva avvolto la nostra camera. Lui non mi aveva più guardato negli occhi; aveva solo poggiato le mani sul mio petto in una tacita richiesta, quindi mi ero sfilato da lui col cuore mezzo ammaccato, percependolo come l’allontanamento e l‘addio più brutto di tutta la mia vita.
Bill si era girato di lato portandosi le mani sul viso e aveva iniziato a piangere, senza più fermarsi. Gli avevo accarezzato i capelli, gli avevo sussurrato all’orecchio che andava tutto bene, che c’eravamo dentro entrambi. Ma lui mi aveva spinto via, allontanandomi ancora una volta e proibendomi di toccarlo. Così mi ero rivestito di tutta fretta ed ero corso in camera mia, la vera stanza che mi avevano assegnato alla reception. Mi ero buttato sul letto ancora intatto e per tutta la notte avevo fissato con sguardo assente il soffitto, chiedendomi se meritavo davvero di essere considerato una persona normale. La risposta era arrivata subito dopo sottoforma di un inaspettato batticuore. No, non era normale amare il proprio gemello. Non era normale desiderarlo così disperatamente.
Bill riaprì finalmente gli occhi e per un mezzo secondo i nostri sguardi si incatenarono, causandomi un dolore al petto. Lui li richiuse subito e intonò un motivetto, tamburellando le dita sul ginocchio a tempo di musica.
Non ero normale, e forse non lo era nemmeno lui.
Passò una settimana da quella fatidica notte e mio fratello non mi rivolse più la parola se non per lo stretto necessario. I miei occhi colmi di tristezza non erano stati capaci di intenerirlo; Bill continuava ad ignorarmi e ad evitarmi come la peste. Continuava a fingere che non gli importasse, che quel Giovedì sera non fosse successo nulla tra di noi. E magari nella sua testa aveva anche ricostruito l’intera scena a modo suo, auto convincendosi di non essere stato lui a baciarmi per primo, a sbottonare la mia camicia per primo.
Già… forse era più facile pensare che fosse stata solo colpa mia, e che avessi iniziato io tutto quel casino. Ma lui non aveva ancora capito che ad accendere la miccia che aveva fatto esplodere la bomba eravamo stati
entrambi. Ogni singolo poro della mia pelle bramava il suo corpo, il mio cuore esigeva di battere contro le sue mani, e pregava di essere ascoltato dalla sua unica metà custodita nel suo petto.
Il suo cuore gemello. L’altra parte di me.
Non potevo sopportare l’idea di non averlo più accanto, di non sentirlo lagnarsi per l’aria condizionata rotta o per la cuoca che continuava a mettergli la carne nel piatto, nonostante avesse detto più e più volte di essere vegetariano. Non sopportavo di vederlo così taciturno e depresso, non sopportavo l’idea di non poter superare quelle tre linee di confine che mi separavano da lui.
Non sopportavo l’idea di viverlo solo a metà.Così quella sera bussai alla porta della sua camera e la trattenni aperta con un piede quando lui cercò di richiuderla dopo avermi visto. Ero stanco di essere evitato. Ero stanco di dover soffocare i miei sentimenti. Lo spinsi all’interno della camera e chiusi la porta alle mie spalle col respiro leggermente affannato.
«Bill…»
Lui per tutta risposta si morse un labbro e si diresse a gran falcate verso il bagno, con l’intento di chiudersi lì. Lo rincorsi, ma lui fu più veloce e chiuse la porta con un botto facendo un giro di chiave.
«Bill.» ripetei poggiando la mano e la fronte contro quel legno bianco e freddo. «Non puoi continuare a fare così, dobbiamo parlarne. Noi-»
«No!» mi interruppe bruscamente con la voce alta e tremula. Mi immaginai che una lacrima stesse solcando il suo volto. «Stai zitto, Tom. Sta zitto.»
«No!» stavolta fui io ad urlare. «Sono
stanco di restarmene zitto. Sono stanco di ingoiare bocconi amari. Sono stanco di mettere tutto a tacere. Stavolta parlerò, mi hai capito Bill?
Parlerò. E lo dirò tutto d’un fiato e tu dovrai ascoltarmi!»
Prima che mio fratello potesse ribattere e dire qualcosa che avrebbe inevitabilmente rovinato tutto, mi affrettai a continuare. «Quella notte mentre ero dentro di te, mi hai rivelato qualcosa che non potrò mai dimenticare, Bill. Tra le lacrime mi hai detto che non avevi mai desiderato qualcuno così tanto, e che non era normale
desiderare di avermi se già mi avevi al tuo fianco. Se già mi avevi da sempre.»
Inspirai dal naso, col cuore che mi martellava nel petto. «M-ma io ora ho capito perché. Ho capito il motivo di questo frustrante bisogno di averti al mio fianco, e del dolore che provo non appena mi respingi o ti allontani da me.
Ti voglio perché ti amo. Mi vuoi perché mi ami… e lo so che fa schifo, so che non è l’amore che avevi sempre sognato di trovare, so che non sono la persona che avevi sempre desiderato di incontrare,
ma non possiamo farci niente. E’ questo quello che proviamo, e dobbiamo solo accettarlo. Devi farlo Bill, perché mi rifiuto di chiederti di dimenticare e andare avanti o di augurarti di cercare qualcun altro da amare. Non lo farò mai. Tu sei…» deglutii con forza. «Tu sei tutto. E ti amo… e non posso immaginarmi con nessun altro se non con te.»
Calò il silenzio e aspettai che lui mi dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma nessun suono uscì dalla sua bocca. Chiusi le palpebre e strinsi le mani in pugno, sentendo qualcosa dentro di me spezzarsi inesorabilmente. Non sapevo più cosa dire o pensare. Possibile che lui non ricambiasse i miei sentimenti? Possibile che mi fossi solo illuso di tutto?
E mentre questi pensieri mi inondavano la mente, Bill girò la chiave e aprì lentamente la porta,
passando oltre la prima linea che ci divideva.Lui intrecciò i nostri sguardi e io potei vedere i suoi occhi completamente lucidi sbattere più volte, per impedire alle lacrime di scivolare giù.
«Bill…»
Un piccolo singhiozzò uscì dalle sue labbra e poi scosse la testa, passandosi nervosamente le mani tremanti sulla fronte. «Io non volevo…» riuscì a dire, mentre i suoi occhi non truccati cedettero alle lacrime. «Non volevo… quella notte-quella notte non sono riuscito a fermarmi.»
«Lo so.» risposi rammaricato.
«E’ stata tutta colpa mia.» ribatté estremamente angosciato.
«Questo non è vero.
Avrei potuto fermarti ma non l’ho fatto.
Ho scelto di non farlo.»
Bill mi lanciò uno sguardo indecifrabile e poi tirò sul col naso. «Ho cercato di non parlarti più, di non pensarti. Ma tu ci sei sempre. Sei ovunque. E ho provato a non innamorarmi d te, credimi, ci ho provato davvero… ma ti amo.» singhiozzò. «Ti amo e mi dispiace così tanto…» disse facendo un esitante passo in avanti e
superando la seconda linea di confine.«Dispiace anche a me.» aggiunsi provando un mix di felicità e dolore che si aggrovigliarono nel mio stomaco. Il nostro amore seppur bianco e puro, sarebbe sempre stato macchiato da un puntò di infelicità. «Dio, mi dispiace sul serio, Bill.» lo strinsi tra le mie braccia, godendomi il profumo dei suoi capelli, del respiro sul mio collo, delle lacrime che scivolavano sulla mia maglietta. Il mio cuore si sentì come rinato, e la mia anima gonfia di un amore indescrivibile.
Mi allontanai leggermente per fissare i miei occhi nei suoi pozzi d’oro colato, e gli incorniciai il viso con le miei mani pateticamente bagnate di sudore.
«Ti amo.» mi sussurrò con la sua dolcezza innata. Io abbozzai un piccolo sorriso e lo baciai profondamente,
oltrepassando la terza linea di confine.Lo portai a letto e lo amai come quella notte. Lo amai con tutto me stesso. Lo amai sentendomi completo ed estasiato dalle sue mani che si posavano delicatamente sul mio petto e che ascoltavano i battiti frenetici del mio cuore. Lo amai… desiderandolo sempre di più, desiderando di essergli sempre più vicino, fino a toccargli l’anima.
Senza alcun confine.