CHI NON MUORE...SI RIVEDE.
Dunque, non so neanche io come mi sia trovata a scrivere. Forse per nostalgia, forse perché non ho più un lavoro e volevo riempire le giornate. È vero che l'ispirazione è venuta a mancare dopo la perdita di mia madre, ma vedere questa storia lasciata senza una fine mi ha provocato molta tristezza. Non so se sarò in grado di portarla a termine, ma ci proverò, anche se probabilmente nessuno la leggerà.
Non ho chiesto ad Asuchan di correggere, poiché immagino che abbia altro da fare con la sua famiglia, ma spero di non aver commesso troppi errori. Ora ci sono molti strumenti di correzione disponibili. Un grazie a chi leggerà e lascerà un commento
Capitolo 17
-Scusami! - si distaccò rapidamente il pescatore dalle labbra di Tomseidone. Ma cosa gli era passato per la mente? Buttarsi addosso alla divinità era stato un impeto dettato dalla paura appena provata e dal sollievo nel vedere la persona amata, quando pensava che non avrebbe mai più avuto la gioia di rivederlo. Ora che aveva compreso la portata del suo gesto, non sapeva più dove mettersi. Cosa avrebbe detto Tomseidone? Si era ritratto talmente velocemente, quasi a cadere, che il dio dei mari lo aveva afferrato per i fianchi per trattenerlo.
-Dove scappi? - disse Tomseidone, scuotendo il capo con un'espressione tra il divertito e l'irritato.
Ecco! Ora lo avrebbe di nuovo ridicolizzato buttandogli in faccia una delle sue battutine, e Bill in quel momento non l’avrebbe accettata. Si era innamorato di quel dio, e se quest'ultimo lo avesse deriso sarebbe stata la fine del suo cuore.
-No...non sto scappando...- si agitò, guardando intorno con l'intento di una via di fuga.
-Hanno bisogno di me, devo andare...- continuò rosso in volto, mentre Tomseidone allungò la sua mano per accarezzargli la guancia bruciata.
-Lo sai non c’è bisogno del bacetto per ringraziarmi. Non sentirti obbligato. – disse la divinità mentre Bill aggrottava le sopracciglia.
-Sei uno dei ragazzini che ho visto nascere, ho accudito, ho sorvegliato… - il pescatore sgranò gli occhi, interrogandosi sul significato di quelle parole?
-È normale, se sei in pericolo, devo proteggerti. È una promessa che ho fatto a tua nonna. – continuò Tomseidone, posando la mano sul capo del giovane e scompigliandogli i capelli, compiaciuto. Il giovane però rimase sbigottito e finì per spalancare la bocca. Non era più un bambino!
-Non devi più proteggermi! – disse stizzito, cacciando in malo modo la mano della divinità dalla sua testa. Il pescatore si sentì tremare, offeso. Non voleva essere solo uno dei ragazzini che la divinità aveva visto crescere. Voleva essere il suo ragazzo, uomo, compagno. Insomma suo e basta!
-Oramai La mia identità non è più segreta, e ho fatto un patto con Efesto. Dovrebbe stare alla larga, quindi non ho bisogno di nessuna protezione, men che meno della tua! - puntualizzò con tono aspro, mentre il dio fece un passo indietro per guardalo dritto negli occhi. Perché tanta irruenza?
-Vedi che nel mondo c’è gente 'brutta' in giro. – disse Tomseidone scuotendo i lunghi tentacoli, contrariato da quel comportamento.
-Tu sei troppo fragile…e-
- Basta! Non sei mio padre! – replicò Bill sentendo le sue parole diventare sempre più dure e sprezzanti. Si, lo sapeva benissimo perché stava reagendo così male. A lui 'Tom' piaceva tanto, anzi provava un sentimento che cresceva sempre di più. Si sentiva già profondamente inadeguato, soprattutto con lo sfregio che aveva sul volto. E se la divinità lo trattava come un bambino di dieci anni, era ancora peggio.
-Se ho bisogno che qualcuno vegli su di me, chiederò direttamente ad Afrodite. - continuò assottigliando gli occhi il giovane.
Quindi, gli ostacoli per stare accanto ad un dio stavano aumentando a dismisura. Bill sapeva che non ci si poteva innamorare di un essere così potente, ma nel suo cuore sperava di essere ricambiato un giorno. Non era raro che gli dei dell’Olimpo avessero una storia con gli umani, e il pescatore aveva intrapreso quel viaggio proprio perché pensava che il suo viso deturpato, non sarebbe stato all’altezza di tanta magnificenza; infatti Tomseidone incarnava la perfezione in persona. Bill si sentiva penalizzato dalla propria giovane età di fronte a quell’essere con la sua vasta esperienza di vita e dalla consapevolezza della propria mortalità, che lo avrebbe inevitabilmente allontanato dal suo 'protettore'.
Maledizione! Doveva prendere assolutamente le redini della sua vita, diventare forte e libero, dimostrare a sé stesso e alla vita che non aveva bisogno di una balia. Fino ad ora c’era sempre stato qualcuno a vegliare sulla sua incolumità. Ma voleva dimostrare che poteva essere un giovane uomo, oltre che leale, anche forte. Voleva che 'Tom' fosse fiero dell’uomo che sarebbe diventato, affrontando da solo quel viaggio non scontato e facile. Ma non era necessario che 'Tom' lo sapesse. Doveva mettere le cose in chiaro, senza destare sospetti, anche se probabilmente non sarebbe piaciuto affatto alla divinità!
- Stammi alla larga! - asserrò deciso il giovane, cercando di spingerlo fuori dalla barca, con pochi risultati. Non sarebbe stato facile quando avevi di fronte un essere potente, poco disposto ad ascoltare le proprie proteste.
- Te ne devi andare e soprattutto non devi seguirmi. Te lo proibisco! - disse il moro cercando di convincerlo.
- Ti prego…- poi si addolcì il pescatore posando una mano sul braccio forte dell’altro.
- Ti prego, ho bisogno che tu vegli sulla mia famiglia, io tornerò tra qualche settimana, promesso.
Tomseidone guardò la mano del moro e poi incrociò i suoi occhi dove si soffermò per lunghi minuti.
- Starai attento? - chiese la divinità con tono serio.
- Si. - rispose il pescatore.
- Va bene. - aggiunse il dio dei mari, prima di avvicinarsi al ragazzo e stringerselo addosso.
Bill si lasciò avvolgere dal calore e dalle braccia vigorose della divinità, cercando di non pensare alla nudità dell’altro che si celava appena sotto la coperta. Aveva un buon profumo e la sua stretta era rassicurante. Avrebbe voluto rimanere così per sempre, ma dovette allontanarlo a malincuore. Qualcuno si stava avvicinando nell’angolo dove si erano appartati e Tomseidone non doveva essere visto.
- Chiama se hai bisogno. - decise di lasciarlo andare. La divinità gettò la coperta a terra rivelando quel corpo scolpito, poderoso, sublime e tanti altri aggettivi che in quel momento affollavano la testa del giovane.
Si voltò dandogli le spalle e Bill trattenne un gemito, Tanto era la bellezza davanti ai suoi occhi. Con agilità vide Tomseidone tuffarsi nel suo mondo, nelle profonde acque dalle varie sfumature del blu.
Bill prese un respiro profondo come se in quei pochi minuti fosse rimasto in apnea.
La nave attraccò a Trinacria e Bill rimase sorpreso di fronte alla vista che si presentava davanti a lui. Il porto, in tutta la sua antica magnificenza, emanava un'atmosfera vibrante e carica di vita. I colori brillanti delle imbarcazioni, dipinte con motivi intrecciati e vivaci, danzavano sulle acque scintillanti del Mediterraneo.
L'aria era impregnata di una miscela di odori esotici: il profumo pungente del pesce fresco proveniente dai banchi dei pescatori, il dolce aroma delle spezie provenienti dalle navi mercantili che affollavano il molo.
I mercanti, provenienti da terre lontane, si affollavano lungo il molo, urlando i loro prezzi e barattando merci di ogni genere. Le loro voci si fondevano in un coro animato, creando una cacofonia di suoni che riempiva l'aria. I loro banchi erano stracolmi di mercanzie esotiche: tessuti preziosi, spezie rare, gioielli scintillanti e oggetti d'arte di terra cotta o forgiati nel ferro.
Bill si sentiva sopraffatto dalla vivacità e dalla bellezza del porto di Trinacria. Avanzò curioso, ma sapeva di dover trovare al più presto un cavallo e una guida per raggiungere i piedi dell'Etna, dove avrebbe proseguire a piedi. Entrò in fine giornata in una taberna e si trovò di fronte a Serbu, il locandiere, sperando di ottenere informazioni utili.
– Buongiorno, può aiutarmi? - chiese Bill con un sorriso educato.
- Avrei bisogno di un cavallo e di una guida per arrivare alla montagna di fuoco. –
Serbu si girò lentamente, scrutando Bill con un'aria sospettosa.
- Il posto è pericoloso, giovane viaggiatore. - avvertì.
- Li abita un dio molto potente e irascibile, e nessuno può introdursi nella sua dimora senza rischiare la propria vita. - Bill annuì con serietà.
- Sono consapevole dei rischi, ma devo andare. Conosce qualcuno che possa farmi da guida. - Serbu si grattò il mento, riflettendo.
- Conosco un uomo coraggioso che potrebbe accompagnarti. – continuò mentre riponeva un bicchiere in un armadietto.
- Ma ti avverto, non sarà una passeggiata. Dovrai essere pronto a tutto. – aggiunse, con voce preoccupato. Il ragazzetto era in cerca di guai pensò il locandiere.
- Lo sono. - rispose Bill con fermezza.
- Dove posso trovarlo? – chiese il giovane, senza giri di parole.
Il locandiere indicò una figura misteriosa seduta al tavolo più lontano.
- Quell'uomo laggiù, si chiama Lysander. È un esploratore con una conoscenza profonda di questi territori. Viene da lontano, ma sono anni che ha deciso di stabilirsi in questo piccolo porto. Parla con lui, ma fai attenzione alle parole che scegli. Non è uomo da prendere alla leggera. –
Bill annuì con il capo e ringraziò prima di avvicinarsi a quel tizio.
Lysander era seduto al tavolo, avvolto da un'atmosfera di mistero, con un bicchiere di vino nella mano. Il suo abbigliamento era elegante e austero: indossava una tunica di cotone scura, ricamata con motivi intricati che sembravano richiamare antichi simboli. Un mantello di colore nero scendeva dalle sue spalle. I suoi capelli erano corti, brizzolati e perfettamente pettinati, mentre il suo sguardo di ghiaccio, era penetrante e scrutatore, sembrava attraversare l'anima di chiunque lo incontrasse. Quando alzò lo sguardo verso Bill, lo fece con una lentezza deliberata, come se volesse sondare ogni singolo dettaglio del pescatore, dal capo ai piedi. Bill si sentì seccato di fronte a quell'osservazione intensa e persistente.
Quell'uomo lo intimoriva, ma Bill non aveva nessuna intenzione di arretrare. Si avvicinò allo straniero, cercando di cacciare quell’inquietudine.
- Posso farti una domanda? – chiese il ragazzo, senza preamboli.
- Sentiamo...- rispose lo straniero, incuriosito dalla figura esile di Bill. Non sembrava destinato a durare molto in un ambiente così ruvido, specialmente a quell'ora tarda.
- Cosa può mai desiderare un passerotto come te? - continuò sarcastico, divertendosi visibilmente, lo straniero.
Bill dovette trattenere a stento la sua irritazione. Chi era quel tizio per parlargli in quel modo? Strinse i denti.
- Puoi guidarmi fino ai piedi della montagna di fuoco? – chiese il ragazzo cercando di mantenere la calma.
L’uomo sbuffò rumorosamente e posò le gambe sul tavolo senza dire una parola. I minuti sembravano trascorrere interminabilmente, mentre Bill lottava per non mandarlo a quel paese.
-Allora? – insistette spazientito, il giovane.
- Mah… non saprei…potresti finire male…- disse Lysander, sogghignando con il capo chino.
Bill non poté far a meno di esplodere, sbattendoci le mani sul tavolo, con rabbia.
- Che ti importa se finisco male? Non ti sto chiedendo di difendermi?? Ti sto solo chiedendo di mostrarmi la strada! – gridò, sporgendosi verso l’uomo con il viso infuocato.
Lysander, con calma, si alzò dalla sedia e si avvicinò al volto di Bill, apparentemente indifferente allo sfregio che lo segnava. Il suo alito caldo fece indietreggiare il ragazzo.
Era troppo vicino! Ed era anche un bel vedere, dovette ammettere, il pescatore.
- Passerotto, se non ti dai una calmata, col cazzo ti accompagno alla montagna. – ridacchiò l’uomo.
- Trova un cavallo e se non hai i denari, fai in natura? - Bill lo guardò sbigottito. In che senso?
-Saranno quindici denari. – continuò, scrutando attentamente il giovane.
- Avrai il tuo denaro! - rispose Bill prontamente, rifiutandosi categoricamente dall'accettare qualsiasi altra proposta...
Mai e poi mai ci sarebbe andato a letto con quello lì!
- Allora ci vediamo qui tra sette giorni. – lo straniero poggiò tre denari sul tavolo prima di andare via chiudendo la porta della taberna.
-Hai una stanza disponibile? - Bill chiese infine al locandiere.
-Sì, sali. È la seconda a destra.- rispose Serbu, scuotendo il capo con un'espressione preoccupata, consapevole del guaio in cui il ragazzo stava per cacciarsi. Ma a giudicare dalla cicatrice sul volto del giovane, sembrava che fosse abituato a inseguire guai.